La storia è altro da sé

La storia è sempre altro da sè.
Mi spiego meglio: chi vive una storia (cfr l’editoriale del mese scorso) la vive in prima persona e dunque ne è, in qualche modo, protagonista. Se giochi a calcio, se vivi un grande amore, se cominci a svolgere un lavoro, se rispondi a una vocazione, sei tu a farlo. Questo è chiaro. Tuttavia quel che vivi è una situazione che non coincide con te stesso e che ti spinge fuori di te. La storia che vivi non sei tu, ma è la storia che ti sollecita, ti chiama, ti interpella, ti interroga, ti smuove,…

Vivere veramente una storia è sempre un’esperienza di alterità nella quale ci si gioca. Chi è che non vive storie? Chi è imbozzolato dentro se stesso, chi è chiuso a riccio, chi è indisponibile a essere toccato dall’esterno. Chi scrive storie è colui che sa farsi scalfire, che è disposto a uscire da sé, a osservare, a farsi coinvolgere. In caso contrario la scrittura sarà solo un girare attorno a se stessi e dunque a vuoto.

Le storie dunque vanno attese più che cercate. Le storie ci vengono incontro come in una “visitazione”. A volte cioè avviene d’improvviso come in una illuminazione e allora diciamo: “ecco, lì c’era una storia e io non lo sapevo! Me ne rendo conto solo adesso!”. A volte invece ci vengono incontro lentamente, prendono forma biologicamente in noi e davanti a noi e magari ce ne accorgiamo solo dopo averle vissute. Così le storie ci raggiungono – per dirlo con i versi di Ruth Fainlight nella poesia Visitation – come

un’onda crespa di spuma chiara e silente
come un foglio di vetro che scivola attraverso
la ghiaia che bagna i tuoi piedi prima
che tu te ne accorga e si smorza e svanisce

Allora ecco il compito dello scrittore: aprirsi a una nuova nascita, distillando (non semplicemente “usando”) la propria energia. Si possono applicare altri versi di Ruth Fainlight (The Other):

E questo sarà il compito più lungo: dare attenzione,
aprirmi. Distillare la mia energia
è più difficile che usarla.
Eppure di certo a rivelarne la presenza.
Sarà il suo andare contro le vene della mia natura
che sempre invoca una scelta. Lo sento, sarà doloroso
e forte come una nascita in cui non c’è pausa.

Vivere storie e narrarle significa riconoscere radicalmente e assolutamente che non siamo fatti solo per noi stessi.

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