Il mistero di scrivere

Il Convegno IL MISTERO DI SCRIVERE che si è svolto a Reggio Calabria nei giorni 24-25-26 febbraio, per iniziativa dell’Associazione “Pietre di scarto” federata a BombaCarta, con il contributo del CIDI di Reggio e della Fondazione “R.Misasi”, è stata un’esperienza così ricca ed importante che mi pare opportuno darne informazione a tutti, soprattutto nella speranza di indurre ad ascoltare la registrazione di tutti gli interventi ormai on line, grazie ad Antonio Spadaro e a Cristiano Gaston. Naturalmente qui potrò solo mettere in evidenza poche considerazioni, quelle che più mi hanno colpito, poi si potranno ascoltare le registrazioni o leggere gli atti.

Il primo intervento è stato quello di Antonio Spadaro, che ha cercato di rispondere a due interessanti domande: che cosa c’è di misterioso nello scrivere? L’ispirazione che cos’è? Prendendo spunto da uno (per noi) sconosciuto poeta contemporaneo polacco, Adam Zagajewskj (nei cui confronti ci ha così destato molta curiosità e voglia) ha sgombrato il campo dalle banali connessioni dell’ispirazione con la pura emozione o con il sentimento e l’ha definita una forma di conoscenza più ardente e attenta, una conoscenza “più calda” del mondo, che ci porta ad esplorare l’abisso del vivere. L’ispirazione ci permette di guardare questo “gorgo oscuro” con angoscia (come ha fatto per lo più la poesia del Novecento), ma anche con meraviglia, con un incantato stupore che ci riporta ad essere contemporanei della creazione.

Il nesso della letteratura con il mistero l’ha ben evidenziato Nicola Merola che ha intitolato la sua relazione Leggere e scrivere:misteri, chiarendo poi il valore duplice dei due punti, che potevano dare adito ad interpretare il nesso, secondo quanto è stato storicamente ampiamente praticato, come “il leggere e lo scrivere misteri” (romanzi gialli, narrazioni fantastiche, narrativa di tipo indiziario, ecc.), oppure come “il leggere e lo scrivere sono di per sé misteri”, cioè qualcosa che desta stupore, come ha ben esemplificato con il riferimento alla novella verghiana Ieli il pastore, in cui la scrittura salva dal naufragio quanto, affidato a tracce, viene consegnato con fiducia a quanti sappiano decifrarla e possano poi modificarla.

Claudio Damiani ci ha letto alcune sue poesie per esemplificare come per lui il mistero di scrivere sia il mistero stesso di vivere, in senso non romantico, e l’arte sia per lui imitazione della natura, come lo era per Aristotele, per il quale la natura era qualcosa di sacro, di infinito. Per questo, a suo giudizio, l’arte può contenere in uno spazio breve l’infinito abisso della natura.

Stas’ Gawronski ha illustrato l’esperienza del laboratorio di scrittura creativa di BombaCarta, come scuola di scrittura diversa dalle altre, che hanno approcci artigianali o professionalizzanti, in quanto scuola militante, in cui dietro la pratica della scrittura c’è un vero e proprio progetto culturale, che mira allo sviluppo della personalità, ma presuppone anche una precisa visione della letteratura come lente d’ingrandimento di quello che accade nella nostra vita, per cui la pratica della scrittura letteraria diventa una porta d’accesso al mistero in cui siamo immersi e attiva la capacità di sviluppare il nostro modo di vedere la realtà attraverso un uso funzionale dei nostri cinque sensi, oltre che della memoria e dell’immaginazione, per meglio osservare il mondo che ci circonda e immergerci nel mistero. A suo giudizio, la pratica della scrittura creativa aiuta ad aprire gli occhi sul mondo per poterlo vedere meglio, ma perché questo avvenga occorre creare un contesto affettivo e procedere secondo una ben precisa metodologia, di cui Stas’ ci ha illustrato anche alcuni esercizi, per arrivare a quell’incontro con il mistero che avviene tramite un’esperienza che passa attraverso l’immaginazione.

Eraldo Affinati ha brevemente illustrato la sua esperienza di docente presso la Città dei ragazzi, da cui in parte (oltre che da eredità di esperienze familiari che hanno richiesto parole per ricucire strappi e ferite) deriva la sua visione della scrittura come tentativo di comprendere la realtà del mondo a cui segue una trasfigurazione stilistica dell’esperienza. Di qui nasce anche il suo impegno di educatore nei confronti dei ragazzi che provengono dalle tragedie del mondo e che, essendo fuggiti dai loro contesti culturali, hanno perso anche le parole per raccontare i loro drammi: a loro, insegnando la lingua italiana, dà una nuova possibilità di formulare quelle domande che permettono di comprendere il mondo e la sua realtà.

Valerio Chiovaro ha portato la nostra attenzione sul fatto che il linguaggio rivela colui che scrive, ma soprattutto colui che legge come pensato da colui che scrive, per cui il linguaggio è sempre rivelazione di un incontro, è sempre una relazione, che fa nascere desiderio di più intensi rapporti affettivi. Questo, soprattutto nella Sacra Scrittura, perché essa rivela l’uomo pensato da colui che scrive, cioè da Dio. Leggendo, quindi, si scopre quanto lo scrittore rivela di me a me stesso, perché lo scrivere è un appello dell’autore al lettore, per cui la Sacra Scrittura è un appello di Dio all’uomo che fa sì che colui che legge debba rispondere, dimostrandosi sempre più desideroso di conoscere colui che scrive.

Elisabetta Rasy per le sue riflessioni sul mistero della scrittura parte da Ford Madox Ford, scrittore inglese di ambiente preraffaelita, che nel suo testo, tradotto in italiano come C’erano uomini forti, attraverso descrizioni epifaniche di scrittori che avevano voluto lasciare una testimonianza creativa del proprio tempo, aveva voluto dimostrare che “la lingua è più forte della spada”, perché produce quelle parole che, organizzandosi in testi, dànno vita a quel mistero di scrivere che coincide con il mistero di ogni uomo, attraverso cui si realizza il senso della relazione profonda tra la scrittura e la vita. Per quanto la riguarda personalmente, ha sottolineato la sua particolare necessità di scrivere che le deriva dal deficit nella vita di verità, di senso, di giustizia e di altri valori, per cui da questo senso della mancanza si apre l’alterità, che fa sì che quando scrive sia mossa dal richiamo di un’altra storia, che solo la parola le dà la sensazione di poter accostare.

Anch’io ho fatto una relazione in cui ho cercato di puntualizzare, attraverso una rapida mappatura dei testi greci e latini più significativi, come nel mondo classico la linea dell’ispirazione poetica come presenza di qualcosa di straordinario, quasi di divino, nell’uomo sia venuta progressivamente regolamentata, e forse anche costretta, da tecniche espressive rigide, che tuttavia hanno insegnato a sfruttare tutte le potenzialità comunicative per fini di efficacia e che ancor oggi possono risultare utili.

Ma il convegno non è stato solo tutto questo: si è arricchito delle comunicazioni di Tonino Pintacuda, che ha sottolineato il rapporto tra scrittura e realtà quotidiana e di Salvatore Miceli sulla scrittura come scorrere di un fiume sinuoso, in cui qualcosa che è dentro ciascuno di noi prende forma nei vari momenti della nostra vita, anche senza precise finalità artistiche. Interessanti anche le comunicazioni di Fabio Cuzzola che ha riproposto l’esperienza della scrittura collettiva ideata e praticata da don Lorenzo Milani, finalizzata all’acquisizione della consapevolezza civile, di Maria Renda, che ha proposto riflessioni sulla scrittura di Omero, e di Andrea Monda che ha riportato l’attenzione sulla narrativa di argomento fantastico.

Ci sono stati anche momenti interessanti di confronto e di dibattito, soprattutto sul tema dell’ispirazione, che ha avuto un’apertura illuminante quando Antonio Spadaro, riprendendo la parola, ha chiarito che l’ispirazione si deve confrontare con il nostro essere nel mondo, con l’esperienza che la vita è un tratto tra un prima e un dopo sconosciuti, di fronte ai quali si può avere angoscia o meraviglia. Lo scrittore deve scegliere tra questi due atteggiamenti, entrambi per lui possibili: la consolazione della meraviglia o la desolazione dell’angoscia.

Alla fine, però, il convegno è stato molto di più: al di là dell’esperienza intellettuale, pur importante e interessante, è stato un’occasione di incontro e di amicizia attraverso l’esperienza intellettuale, nell’autentico e originale spirito di BombaCarta. Di questo dobbiamo ringraziare tutti gli organizzatori, in particolare Tita Ferro, che ha impegnato tanto delle sue ricche doti umane e culturali per la realizzazione e la perfetta riuscita di questo convegno.

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